Per poter ottenere l’Ape Sociale, oltre al requisito di almeno 63 anni di età, l’interessato deve avere almeno 30 o 36 anni di contributi.
Sono sufficienti 30 anni per i disoccupati che hanno terminato di fruire della Naspi, per i lavoratori che assistono familiari di primo o secondo grado con handicap grave di cui all’art. 3, comma 3, della legge 104/92 e per i soggetti con invalidità di almeno il 74%.
Occorrono 36 anni di contributi per i soggetti impegnati nei lavori gravosi o pesanti, svolti in via continuativa per 6 anni negli ultimi 7, oppure 7 negli ultimi 10. Ai lavoratori del settore edile e ceramiche sono sufficienti 32 anni.
I contributi che possono essere considerati per rispondere al requisito contributivo sono quelli accreditati a qualsiasi titolo, ad eccezione di quelli accreditati nelle casse professionali, quali ad esempio quelle dei medici, farmacisti, geometri, avvocati ecc. E’ ammesso il cumulo dei periodi di lavoro dipendente, autonomo, gestione separata, pubblico, contributi volontari, da riscatto, contributi figurativi da disoccupazione e malattia, periodi di lavoro all’estero in paesi UE, Svizzera, SEE o extracomunitari convenzionati con l’Italia.
Importo della rata mensile dell’Ape Sociale
Non vengono considerate le maggiorazioni contributive, quale ad esempio quella prevista per i soggetti con invalidità almeno pari al 74% (due mesi di contributi ogni anno di lavoro). Nel caso di lavoratrici madri, è prevista una riduzione del requisito contributivo di 1 anno per un figlio o di 2 anni per due o più figli.
L’importo della rata mensile dell’Ape Sociale è determinato all’accesso alla prestazione e non può superare € 1.500 lordi per 12 mensilità.
Nel momento in cui il titolare di Ape Sociale raggiunge i requisiti per la pensione anticipata o di vecchiaia, deve presentare la specifica domanda.
Domanda di Assegno Sociale respinta
Molto spesso l’Inps respinge la domanda di Assegno Sociale, dato che per l’Istituto non è riscontrato il presupposto fondamentale per il riconoscimento: lo “stato di bisogno” del richiedente.
Stato di bisogno che secondo l’Inps non è riscontrabile se il richiedente, separato o divorziato, ha rinunciato all’assegno di mantenimento, oppure ha accettato una somma più bassa. Con una recente sentenza, la Cassazione ha affermato che ai fini del riconoscimento dell’Assegno Sociale si deve tener conto solo del requisito dello stato di bisogno del richiedente, dimostrato dall’assenza di redditi o dal possesso di redditi minimi e comunque inferiori al limite fissato dalla legge.
Per i giudici è irrilevante l’ipotesi di “redditi potenziali non percepiti” perché ad esempio, l’assegno di mantenimento non è stato richiesto o se ne è accettato uno in misura inferiore. Di fatto l’unico parametro cui la legge impone di far riferimento, è quello del reddito percepito dall’interessato, senza che si possa valutare in modo soggettivo, da parte dell’Inps, la sussistenza dello stato di bisogno. Discorso diverso invece per l’Assegno Unico Universale.
I requisiti per accedere all’assegno sociale sono la cittadinanza italiana, il raggiungimento di una determinata età e il non superamento di un altrettanto, determinato reddito.
A nulla rileva quindi, se il richiedente l’assegno si trova senza redditi per avere male gestito il patrimonio o rinunciato ad un impiego o ad un credito.
La norma, infatti, non richiede che la mancanza di redditi sia incolpevole. Fatte salve le condotte simulatorie e/o fraudolente, ciò che rileva è la nozione di redditi effettivamente percepiti.