Nel mese di dicembre si è svolto il vertice più importante dell’anno dedicato alla sostenibilità, noto come COP28. Come già evidenziato in edizioni precedenti, i risultati ottenuti hanno suscitato reazioni contrastanti. Mentre alcuni lodano gli accordi raggiunti definendoli un “successo”, altri rimangono notevolmente insoddisfatti.
Cominciamo, tuttavia, focalizzandoci sulle note positive. La conferenza sul clima tenutasi a Dubai ha visto la partecipazione di un numero record di oltre 65.000 delegati, registrando un aumento dell’80% rispetto al vertice sul clima delle Nazioni Unite tenutosi l’anno precedente a Sharm el-Sheikh, in Egitto.
Pochi istanti prima della conclusione del vertice, la presidenza della COP28 è riuscita a superare uno stallo apparentemente insormontabile, ottenendo un risultato storico: per la prima volta in un vertice sul clima si è riconosciuto che è necessario superare completamente l’uso dei combustibili fossili.
Un passaggio cruciale della dichiarazione conclusiva del vertice, approvata la mattina del 13 dicembre dopo lunghe sessioni notturne di negoziati, ha invitato i partecipanti a “contribuire agli sforzi globali” per effettuare una transizione dai combustibili fossili in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio cruciale per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050, in accordo con la scienza. Purtroppo, il termine “phase out” è stato sostituito con l’espressione “transitare fuori”, risultando più morbido e meno incisivo.
Prospettive di Mercato: Il Quadro Generale
Passando agli aspetti che hanno generato maggiore insoddisfazione, la COP28 ha superato le scarse aspettative della vigilia, ma non è riuscita a raggiungere completamente il suo obiettivo dichiarato. L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha valutato l’impatto degli impegni annunciati a Dubai e ha calcolato che, presi nel loro insieme, coprirebbero solamente un terzo del divario che ci separa dall’obiettivo più ambizioso degli accordi di Parigi del 2015: evitare che la temperatura media globale aumenti di più di 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali.
Inoltre, durante la conferenza, non è stato raggiunto un accordo sul mercato globale dei crediti di emissione previsto dagli accordi di Parigi. L’Unione Europea ha respinto la proposta presentata a Dubai, giudicando le regole troppo vaghe e permissive e temendo che avrebbero messo a rischio il suo più rigoroso sistema di crediti di emissione.
La vendita dei crediti avrebbe dovuto contribuire a finanziare i progetti di adattamento nei paesi in via di sviluppo, ma secondo le stime delle Nazioni Unite, la somma necessaria sarebbe 18 volte superiore a quella attualmente disponibile, e rimane ancora poco chiaro da dove verranno i fondi.
In conclusione, nonostante siano stati raggiunti risultati significativi e siano stati stipulati impegni più dettagliati, è inevitabile riconoscere che gli accordi globali rimangono non vincolanti, dando ai firmatari la piena libertà di adottare soluzioni discutibili come la cattura e il sequestro dell’anidride carbonica e l’uso del gas naturale come “combustibile di transizione”. Si rende necessario che i responsabili politici, gli investitori e le aziende traducano queste promesse in azioni concrete con un impatto positivo sul nostro pianeta.